Lavoratore caregiver e sede di lavoro vicino al domicilio

Estimated read time 3 min read
Getting your Trinity Audio player ready...

Concluso un concorso pubblico bandito su base nazionale e con sedi di lavoro dislocate lungo tutto il territorio della nazione, si apre una fase molto importante per i candidati vincitori e idonei, ossia quella relativa alla scelta della sede.

La fase di scelta della sede è retta dal principio granitico della meritocrazia sulla base dell’ordine di graduatoria; ciò significa che dalla posizione migliore alle posizioni via via deteriori, viene svolta progressivamente la scelta da parte dei candidati vincitori ed idonei.
Tuttavia, tale meccanismo viene mitigato dalla presenza di alcuni “canali preferenziali” previsti dallo stesso legislatore nella normativa vigente e sempre nell’ottica di tutela di soggetti deboli. Un esempio esemplificativo viene fornito dall’art. 21 della L. 104/92, il quale attribuisce al soggetto con invalidità > 2/3 di scegliere in via prioritaria tra le sedi rese disponibili dall’Amministrazione, derogando al principio del rispetto dell’ordine di graduatoria.

Ma cosa accade se l’aspirante (o il lavoratore) non è affetto da alcuna disabilità ma è caregiver di un familiare con disabilità accertata (ossia assiste su base quotidiana un familiare che per la propria condizione medico/sanitaria è incapace di provvedere autonomamente alla propria cura)? In che modo l’ordinamento tutela la persona debole?
La risposta al quesito viene fornita dall’art. 33 comma 5 della L. 104/92, il quale attribuisce al lavoratore il diritto di scegliere “ove possibile la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio” e, al contempo, impedisce all’Amministrazione di trasferirlo in altra sede senza il suo consenso.

Dunque, ai fini dell’ottenimento del beneficio di cui all’art. 33 comma 5 della L.104/92, è onere del candidato in procinto di essere assunto o del lavoratore (poiché il beneficio in questione deve essere attribuito, al rispetto dei requisiti, sia quando il rapporto di lavoro è in fase di costituzione, sia quando si è già costituito) dimostrare che vi sia l’effettiva possibilità dell’Amministrazione di assegnarlo presso la sede desiderata.
Tale possibilità può essere dimostrata dalla presenza di posti vacanti in quella specifica sede o dall’inesistenza di esigenze dell’Amministrazione datoriale di assegnare la risorsa lavorativa in un ufficio diverso.
Sull’attribuzione del beneficio in parola è intervenuta anche la Corte di Cassazione, la quale con la sentenza n. 6150/2019, ha stabilito che l’inciso “ove possibile” deve intendersi quale contemperamento tra l’esigenza di assistenza del disabile familiare del lavoratore e le esigenze economiche ed organizzative datoriali, che se disattese potrebbero tradursi in un danno alla collettività.
Ciò significa che l’Amministrazione, per negare il diritto di cui all’art. 33 c. 5 L. 104/92, deve addurre una motivazione congrua e dettagliata che dimostri le effettive ragioni per cui sia impossibile destinare quella risorsa nella propria sede di preferenza. Secondo tale indirizzo giurisprudenziale, il mero richiamo numerico/percentualistico ai posti banditi e a quelli vacanti tra le varie sedi non è elemento idoneo a motivare e giustificare l’eventuale diniego, ma è – si ribadisce – necessaria una motivazione rafforzata dalla quale si evincano in concreto le necessità dell’Amministrazione.

E cosa fare nel caso in cui al candidato/lavoratore sia negato tale beneficio?
Trattandosi di materia afferente al rapporto lavorativo, la giurisdizione sull’eventuale domanda giudiziale è affidata al Giudice Ordinario, in funzione del Giudice del Lavoro. Tuttavia, prima di procedere all’azione giudiziale, vi è sempre la possibilità di informare della propria condizione personale e familiare l’Amministrazione o l’Ente, il quale valutata la situazione, potrà agire autonomamente.
Chiaramente, in caso di diniego o “silenzio” sull’istanza presentata, l’interessato potrà sempre adire il Giudice competente.

You May Also Like

More From Author