Con la sentenza n. 489 del 22 gennaio 2025, la Sezione V del Consiglio di Stato ha chiarito in maniera puntuale e dettagliata la questione del riparto di giurisdizione in tema di revisione dei prezzi, alla luce delle modifiche apportate dal “correttivo” alla normativa degli appalti pubblici. La decisione è particolarmente rilevante in quanto affronta l’evoluzione normativa e giurisprudenziale sulla revisione dei prezzi negli appalti pubblici, e risulta cruciale anche in vista dei recenti aggiornamenti normativi, in particolare l’introduzione dell’articolo 60 del nuovo Codice degli appalti (d.lgs. n. 36/2023) e dell’allegato II.2-bis.
La giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato, come chiarito nella sentenza odierna, si è finora orientata nell’attribuire alla giurisdizione amministrativa le controversie riguardanti la revisione dei prezzi, a condizione che tali fattispecie siano disciplinate dall’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006. In questo contesto, l’interpretazione giuridica stabilisce che la posizione del privato coinvolto in queste procedure debba essere considerata un “interesse legittimo”, come stabilito in numerose precedenti pronunce, tra cui la n. 7756 del 2022. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha riconosciuto anche una possibile eccezione, derivante da un orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che prevede che in alcuni casi, dove si eserciti un “potere autoritativo”, il riparto della giurisdizione possa essere differente.
L’analisi del riparto di giurisdizione in materia di revisione dei prezzi si è quindi evoluta in funzione delle modifiche normative intervenute. L’articolo 133, comma 1, lett. e), n. 2 del d.lgs. n. 104 del 2010, che ha introdotto un rinvio all’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006, ha suscitato differenti interpretazioni sia in ambito civile che amministrativo. Le stazioni appaltanti hanno applicato l’art. 115 in modo variabile, con l’inserimento di clausole di revisione dei prezzi dai contenuti non sempre univoci o l’inserimento automatico delle stesse ai sensi dell’art. 1339 c.c., dando origine a soluzioni differenziate nelle decisioni giuridiche.
La disciplina normativa degli appalti pubblici ha visto nel tempo un’evoluzione significativa. Inizialmente, l’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006 disciplinava la materia, ma tale disposizione è stata successivamente sostituita, prima dall’art. 106 del d.lgs. n. 50/2016, che lasciava alle stazioni appaltanti la discrezionalità di inserire o meno le clausole di revisione dei prezzi nei documenti di gara, e poi dall’attuale art. 60 del d.lgs. n. 36/2023. Quest’ultima disposizione, entrata in vigore con la nuova riforma, stabilisce l’obbligo di includere clausole di revisione dei prezzi nei contratti pubblici, attivabili solo in presenza di “particolari condizioni di natura oggettiva”.
La questione centrale sottesa al criterio di riparto della giurisdizione risiede, dunque, nella necessità di comprendere se il caso concreto si ricolleghi ancora alla previsione dell’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006 o se le modifiche normative intervenute abbiano trasformato la giurisdizione amministrativa in favore di altri ambiti giuridici. La sentenza del 22 gennaio 2025, pertanto, assume una rilevanza fondamentale per chiarire la corretta applicazione delle norme in materia di revisione prezzi e la relativa giurisdizione, contribuendo a fare luce su un tema complesso e in continua evoluzione.
In conclusione, la giurisprudenza del Consiglio di Stato conferma la centralità della giurisdizione amministrativa per la revisione dei prezzi negli appalti pubblici, ma apre anche spazi di riflessione sulle implicazioni delle nuove modifiche normative, che pongono nuove sfide nell’interpretazione e nell’applicazione delle clausole contrattuali relative alla revisione dei prezzi.