ANAC: rafforzare il ruolo dei Comuni nella gestione idrica in house

Nel recente Parere n. 32 del 30 luglio 2025, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha lanciato un importante richiamo ai Comuni che affidano il servizio idrico integrato a società in house, ovvero società pubbliche partecipate che gestiscono direttamente servizi senza gara.

Secondo ANAC, la semplice partecipazione azionaria da parte degli enti locali non è più sufficiente per considerare legittimo un affidamento in house: è necessario che il controllo esercitato dai Comuni sia reale, incisivo e continuativo, non solo formale o “di facciata”.

Il nodo: partecipazioni frammentate e controllo debole

Molti casi segnalati riguardano grandi società regionali o intercomunali in cui decine, talvolta centinaia, di Comuni detengono quote minime. Questa frammentazione della compagine sociale, pur legittima da un punto di vista giuridico, non garantisce automaticamente un controllo analogo effettivo, cioè quel tipo di controllo diretto e stringente richiesto dalla normativa europea e nazionale per evitare la concorrenza tramite gara.

ANAC sottolinea che l’affidamento in house non può essere considerato regolare se i Comuni non sono messi in grado di partecipare realmente alla definizione delle strategie, alla nomina degli organi amministrativi, al controllo gestionale e finanziario dell’ente gestore.

I limiti attuali nelle governance

In molte società idriche partecipate, i Comitati di Controllo o Coordinamento istituiti per rappresentare i Comuni non dispongono di poteri reali né di una rappresentatività adeguata. Spesso si tratta di organismi consultivi, senza capacità di influire in modo vincolante sulle decisioni aziendali.

Inoltre, i criteri di voto o partecipazione alle decisioni non sempre rispecchiano la distribuzione territoriale o l’importanza dei singoli enti locali, finendo per svantaggiare i Comuni più piccoli, che pure hanno responsabilità pubblica diretta nei confronti dei cittadini.

Le indicazioni di ANAC per i Comuni

ANAC suggerisce una revisione degli statuti societari per garantire una governance più democratica e partecipativa. Le raccomandazioni principali includono:

Rafforzamento del potere decisionale dei Comuni, anche indipendentemente dalla quota azionaria.

Ridefinizione dei criteri di nomina degli organi amministrativi, con un coinvolgimento più diretto degli enti locali.

Maggiore trasparenza e accesso alle informazioni da parte degli enti soci.

Attribuzione di compiti operativi e di vigilanza reale ai Comitati di Coordinamento, superando il loro ruolo meramente consultivo.

Un tema cruciale per la legittimità degli affidamenti

L’affidamento diretto a società in house è legittimo solo se rispetta i principi del cosiddetto “controllo analogo”, ovvero un controllo che sia simile a quello esercitato sull’apparato amministrativo interno. In assenza di un controllo effettivo, l’affidamento può essere considerato irregolare, con il rischio di contenziosi, impugnative e sanzioni.

Il parere di ANAC sottolinea dunque che la forma giuridica non basta: per rispettare la legge, la sostanza del controllo deve essere garantita, soprattutto in settori strategici come quello idrico, che coinvolge direttamente il diritto dei cittadini all’accesso ai servizi essenziali.

Un’occasione per riformare la gestione pubblica dell’acqua

Il richiamo dell’Autorità può rappresentare un’opportunità per rilanciare una gestione pubblica realmente trasparente e partecipata del servizio idrico, nel rispetto dei principi di efficacia, economicità e legalità.

I Comuni sono chiamati non solo a essere “azionisti”, ma a esercitare un ruolo attivo, assumendosi la responsabilità di vigilare e orientare le politiche del servizio idrico sul proprio territorio.