Gara o affidamento diretto? Il nodo della gestione degli impianti sportivi

In un recente parere reso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), viene sollevata una questione centrale nel diritto sportivo e amministrativo: quando un ente pubblico può affidare direttamente un impianto sportivo — o al contrario debba ricorrere a gare pubbliche — senza violare i principi di concorrenza, trasparenza e parità di trattamento.


Contesto e fattispecie

Nei documenti esaminati, si osserva come i Comuni — proprietari degli impianti sportivi — abbiano diverse opzioni per la loro gestione. Possono scegliere:

  1. di gestirli in proprio, tramite enti strumentali interni (aziende speciali, società partecipate),
  2. o di esternalizzarne la gestione, affidandola a soggetti terzi tramite procedure competitive.

In un caso concreto, un Comune aveva deciso di affidare la concessione d’uso dell’impianto a un’associazione dilettantistica già gestore uscente, con procedura “selettiva” ma “non contendibile” — ovvero, senza una reale gara aperta. Ciò è stato oggetto di contestazione da parte dell’AGCM. 

Tra i criteri richiesti dal bando: l’iscrizione alla federazione sportiva competente, la localizzazione della sede nel territorio comunale, una “preferenza” per le associazioni operanti nel Comune. Il gestore uscente è risultato l’unico partecipante. 

Il bando prevedeva che il gestore assumesse attività collaterali (bar, scuole sportive, vendita articoli) e beneficiasse del regime economico stante, senza assumersi costi significativi — ad esempio, le spese dell’energia elettrica rimanevano a carico del Comune. 


I rilievi dell’AGCM: principi infranti e rischi

Obbligo di evidenza pubblica

L’Autorità rileva che, anche quando la normativa sportiva attribuisce un “favor” alle associazioni sportive dilettantistiche, tale favoritismo non può annullare l’obbligo di rispettare le regole del Codice dei contratti pubblici (d. lgs. n. 36/2023), che impone gare pubbliche per la concessione di servizi, salvo condizioni specifiche che giustifichino eccezioni. 

Criteri discriminatori

L’AGCM contesta l’adozione di criteri legati territorialmente (sede nel Comune, prevalenza locale), ritenendoli “indebitamente restrittivi” ai fini della partecipazione. Tali vincoli, secondo l’Autorità, possono compromettere la libertà di stabilimento e la concorrenza garantita dal diritto dell’Unione europea.

Contesto di partecipazione limitato

Il fatto che si presenti un solo offerente (e che sia il gestore uscente) rafforza il sospetto che la procedura non sia stata veramente competitiva. Quando i regimi di partecipazione sono troppo stringenti, si rischia di svuotare di significato la gara.

Durata e regime economico

L’Autorità mette in discussione la durata della concessione (potenzialmente fino a 20 anni in caso di interventi di ammodernamento) e il fatto che il gestore non sopporti alcune spese di esercizio (energia, ad esempio). Tali condizioni possono risultare sproporzionate rispetto alla finalità e al corretto equilibrio dell’affidamento. 


Implicazioni giuridiche e spunti pratici

Il caso solleva alcune “linee guida” che ogni ente locale dovrebbe considerare quando intende affidare la gestione di impianti sportivi:

  • Anche se la normativa sportiva può valorizzare il ruolo delle associazioni dilettantistiche, questa previsione non consente di evitare le regole fondamentali della contrattualistica pubblica.
  • I criteri di selezione devono essere proporzionati, trasparenti e non discriminatori, evitando preclusioni territoriali o richieste troppo restrittive di requisiti che escludono potenziali concorrenti.
  • Le procedure devono garantire effettivo confronto tra operatori, pena il rischio di invalidazione dell’affidamento.
  • Il regime economico e la durata dell’affidamento vanno calibrati in modo equilibrato: condizioni troppo favorevoli al gestore (a scapito dell’ente concedente) o lunghi vincoli possono risultare illegittimi.
  • In casi ove non sia obbligatoria la gara, l’ente può ricorrere a procedure negoziate, invitando multiple imprese, sempre nel rispetto dei principi di rotazione, imparzialità e trasparenza.