Nel luglio 2025 è stato pubblicato su Diritto dello Sport lo studio intitolato L’evoluzione normativa del chinesiologo: analisi giuridico-tecnica dei problemi e possibile soluzione degli stessi, che torna a porre sotto i riflettori una questione centrale per il mondo dello sport, del fitness e della salute: l’inquadramento normativo della figura del Chinesiologo. Lo studio offre una disamina approfondita della situazione attuale e avanzano una proposta concreta per risolvere l’attuale incertezza giuridica.
🔎 Il punto della situazione
- Il decreto legislativo 36/2021 — e in particolare l’Articolo 42 del D.Lgs. 36/2021 — ha sancito che le attività motorie e sportive in palestre e strutture a pagamento devono essere svolte “con il coordinamento di un chinesiologo oppure di un istruttore di specifica disciplina abilitato”.
- I titoli di studio che danno accesso alla qualifica di chinesiologo sono definiti: diploma ISEF o laurea in Scienze Motorie, oppure qualifiche equipollenti riconosciute.
- Nonostante un primo passo verso il riconoscimento formale — con la definizione di categorie dedicate di chinesiologi: ad esempio “chinesiologo delle attività motorie preventive e adattate” per laurea magistrale LM-67 — la figura non è stata ancora inserita ufficialmente tra le professioni sanitarie.
- Dal 1° gennaio 2025, l’introduzione di un codice ATECO specifico (86.96.01) per il Chinesiologo — nella classe tipica dei professionisti sanitari — ha generato un’ulteriore attenzione istituzionale, ma non basta a trasformare la figura in “sanitaria”.
✅ Problemi e limiti emersi
Secondo l’analisi:
- La dicitura normativa attuale non distingue chiaramente tra “attività sportiva” e “attività sanitaria/riabilitativa”. Ciò genera confusione su quali attività il chinesiologo possa svolgere in autonomia e quali richiedano supervisione medica.
- Senza l’inclusione tra le professioni sanitarie, manca un albo, un codice deontologico vincolante e una regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale. Ciò espone a rischi legali, professionali e di tutela per l’utente.
- La modalità di esercizio (sport, fitness, riabilitazione, attività preventiva) è spesso frammentata: centri sportivi, palestre, strutture per la salute, enti di promozione sportiva — rendendo difficile stabilire standard uniformi.
💡 La proposta: un riconoscimento come professione sanitaria
Per risolvere queste criticità, lo studio propone di collocare il chinesiologo — soprattutto nella sua declinazione di attività motoria preventiva/adattata — tra i professionisti sanitari. Questo comporterebbe:
- l’adozione di un albo professionale, con un regolamento e un codice deontologico specifici;
- l’applicazione della normativa sanitaria vigente, inclusa la legge sulle responsabilità professionali (Legge 24/2017, nota come “Gelli-Bianco”), garantendo standard di tutela per operatori e utenti;
- una maggiore chiarezza sul perimetro di competenze del chinesiologo, favorendo una distinzione netta tra attività sportive, preventive e riabilitative.
📈 Perché è un passaggio fondamentale
Un riconoscimento sanitario della figura del chinesiologo:
- valorizzerebbe realmente la formazione universitaria (Scienze Motorie), dando concretezza a titoli e competenze;
- offrirebbe maggiore tutela a cittadini e utenti che si affidano a programmi di attività motoria preventiva, terapeutica o riabilitativa;
- contribuirebbe a stabilire un sistema professionale trasparente e uniforme a livello nazionale, contrastando il fenomeno del “chiunque fa fitness” con poca preparazione;
- rafforzerebbe il nesso tra sport, benessere e salute pubblica — molto attuale anche in funzione di nuove leggi come quella sul contrasto all’obesità, che promuovono l’attività fisica come strumento di prevenzione.
📝 Conclusione
Questo studio rappresenta un segnale forte: è ora di dare al chinesiologo una forma giuridica e normativa coerente con il suo ruolo sempre più cruciale nel promuovere salute, benessere e prevenzione. Il riconoscimento come professione sanitaria non è un capriccio, ma una necessità per garantire qualità, responsabilità e tutela. Il dibattito è aperto: ora tocca a istituzioni, università e stakeholder del mondo dello sport e della salute raccogliere la sfida.
