Quanto durano le graduatore dei concorsi degli enti locali?

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Tra le questioni più discusse dalla giurisprudenza della Corte dei Conti vi è quella relativa alla vigenza delle graduatorie di merito approvate nei concorsi pubblici indetti dagli enti locali. Sul punto, infatti si registra un orientamento ondivago della giurisprudenza e, ancora ad oggi, la questione non può definirsi totalmente risolta.

Prima di procedere all’analisi dei diversi orientamenti, occorre precisare il contesto normativo di riferimento.
Ebbene, la legge di bilancio del 2020 ha modificato l’articolo 35, comma 5-ter, del Dlgs 165/2001 (“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”), il quale prevede che “le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di due anni dalla data di approvazione”.
Come noto, il D.lgs. 165/2001 è una norma di carattere generale che disciplina il rapporto di pubblico impiego presso le Amministrazioni pubbliche, prevedendo una dettagliata disciplina in tema di organizzazione, Dirigenza ed accesso alla dirigenza, reclutamento di personale e rapporto di lavoro. Tuttavia, parallelamente al D.lgs 165/2001, in relazione ai soli Enti Locali è, altresì, in vigore il D.lgs. 267/2000 (norma rubricata al titolo “Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali“), il quale, all’art. 91 comma 4, prevede che “Per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per l’eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili”.

Entrambe le norme disciplinano la durata delle graduatorie finali di merito pubblicate all’esito di concorsi pubblici, prevedendo, tuttavia, una durata diversa.

Qual è, dunque, il rapporto tra queste due norme e soprattutto, quanto dura una graduatoria resa all’esito di un concorso pubblico bandito da un ente locale, in virtù del fatto che il Testo Unico degli Enti Locali richiama, all’art. 88, proprio il D.lgs 165/2001?

Il quesito è stato portato all’attenzione della Corte dei Conti che, come anticipato, ha avuto orientamenti ondivaghi sulla questione, poichè, essenzialmente, il contrasto tra norme deriva dal rapporto gerarchico delle fonti del diritto.

Infatti, secondo la Corte dei Conti della Sardegna, la modifica introdotto dalla legge di bilancio del 2020 introduce una disciplina differenziata a seconda se il concorso sia bandito da una Amministrazione Centrale o da un Ente Locale. Per il Giudice sardo, si applicherebbe l’art. 35 del D.lgs 165/2001 in caso di procedure bandite dalle amministrazioni centrali, mentre, al contempo, per le procedure locali, resterebbero vivi gli effetti dell’art. 91 comma 4 del D.lgs 267/2000 e ciò in ragione del fatto che – al fine di risolvere contrasti normativi – il criterio di specialità è dominante rispetto al criterio cronologico.

Invece, secondo la Corte dei Conti della Campania l’art. 91 comma 4 del D.lgs 267/2000 sarebbe una norma sostanzialmente abrogata, in quanto l’art. 88 del Testo Unico degli Enti Locali nel prevedere un espresso richiamo al D.lgs 165/2001, renderebbe pienamente applicabile ed efficace il termine biennale previsto dall’art. 35, comma 5-ter, rispetto alle amministrazioni locali.

Pertanto, ancora ad oggi, non vi è un orientamento prevalente e questo determina molta incertezza circa la durata effettiva delle graduatorie finali di merito rese in riferimento a selezioni concorsuali presso enti locali.
A causa di tale divergenza di vedute, spesso accade che le amministrazioni locali si muovano in maniera differente ed anche molto incerta; ad esempio, non sono mancate amministrazioni locali che pur avendo stabilito nella lex specialis la vigenza triennale della graduatoria, abbiano deciso di bloccarla una volta scaduto il termine biennale previsto dal D.lgs 165/2001

In conclusione, non può che auspicarsi un intervento risolutore del legislatore che possa portare maggiore chiarezza sulla questione.

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