Il recente rapporto dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), relativo all’analisi dei tempi di aggiudicazione degli appalti in Italia e in Europa, fornisce dati significativi sulle tempistiche delle procedure di gara dal 2018 al 2022, basati sulle informazioni contenute nel database TED (Tenders Electronic Daily). Il report mette in evidenza una disparità notevole tra i tempi di aggiudicazione degli appalti in Italia e quelli a livello europeo, con un focus sui principali Paesi membri.
Secondo i dati emersi, in Italia i tempi medi di aggiudicazione degli appalti risultano essere più del doppio rispetto alla media europea, con una durata media di circa 279 giorni, contro i 121 giorni della media UE. A livello comparativo, Paesi come la Francia e la Germania presentano tempi decisamente più rapidi, rispettivamente di 102 e 84 giorni, mentre la Spagna si attesta su 180 giorni.
ANAC attribuisce questa differenza sostanziale a vari fattori, tra cui le specificità normative e organizzative italiane. Ad esempio, i tempi minimi legali previsti in Italia sono circa 20 giorni superiori rispetto ad altri Stati membri, e l’utilizzo di strumenti avanzati come le aste elettroniche e il joint procurement, più diffusi in altre nazioni, risulta ancora limitato in Italia.
L’Autorità sottolinea che la maggiore durata delle procedure di gara in Italia non è tanto legata alla tipologia di contratto o al valore economico degli appalti, quanto a problematiche gestionali e amministrative. A tal proposito, ANAC suggerisce che l’introduzione di procedure semplificate, una maggiore formazione per le stazioni appaltanti e un monitoraggio più incisivo delle normative esistenti potrebbero contribuire a ridurre i tempi di aggiudicazione e a migliorare l’efficienza del sistema.
Sebbene non siano state avanzate soluzioni concrete, è evidente che senza un intervento significativo sulla semplificazione e l’efficienza dei processi di gara, sarà difficile ottenere i miglioramenti auspicati in termini di concorrenza e trasparenza. Un esempio di inefficienza potrebbe essere rappresentato dalla situazione in cui le pubbliche amministrazioni acquistano, attraverso piattaforme elettroniche, prodotti come computer Apple a prezzi decisamente superiori a quelli di listino.
Sorge inoltre una riflessione sul fenomeno dell’in-house providing, con il quale molti enti pubblici scelgono di affidare direttamente i servizi a società interne. Sebbene questo approccio possa apparire come una risposta alla lentezza e alle complicazioni delle gare, è importante chiedersi se le attuali dinamiche politiche e amministrative non stiano di fatto rallentando ulteriormente il sistema, piuttosto che favorire una gestione più agile dei servizi pubblici.
Il recente decreto di riordino dei servizi pubblici, che ha introdotto misure più rigorose per gli affidamenti in house, sembra andare in una direzione opposta a quella necessaria, ossia quella di semplificare e velocizzare le procedure di gara, creando al contrario un ulteriore ostacolo per l’affidamento diretto dei servizi. Una priorità per il miglioramento del sistema dovrebbe quindi essere quella di risolvere le problematiche legate alle procedure di gara e alla gestione dei ricorsi, nonché a migliorare i tempi di giustizia amministrativa, prima di focalizzarsi sul tema dell’in-house providing.
In sintesi, la vera sfida per il sistema degli appalti pubblici in Italia è rendere i processi più rapidi ed efficienti, garantendo al contempo un servizio pubblico di qualità, che risponda alle esigenze dei cittadini, come l’erogazione dell’acqua e la raccolta dei rifiuti, con tempi e modalità adeguati.
In allegato il report Anac