Le associazioni sportive dilettantistiche (ASD) godono, secondo la normativa italiana, di importanti vantaggi fiscali: esenzioni, regimi agevolati e facilitazioni tributarie che possono incidere in modo rilevante sulla sostenibilità economica delle attività sportive di base. Tuttavia, l’accesso a queste agevolazioni non può considerarsi automatico.
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il riconoscimento delle agevolazioni fiscali per le ASD non dipende solo dalla correttezza formale dello statuto o dalla semplice affiliazione agli enti sportivi di riferimento, ma richiede la verifica concreta del rispetto di requisiti sostanziali.
Il principio del “favor” fiscale… ma solo se meritato
Il legislatore ha sempre mostrato un atteggiamento di favore nei confronti dello sport dilettantistico, riconoscendone il valore sociale e il ruolo fondamentale nella promozione del benessere, dell’inclusione e dell’educazione dei giovani. Tuttavia, questo “favor” non deve tradursi in una zona franca dal punto di vista fiscale.
Per accedere al regime agevolato, una ASD deve:
- avere uno statuto conforme ai principi previsti dalla legge (assenza di scopo di lucro, democraticità, obblighi contabili, destinazione del patrimonio, ecc.);
- svolgere effettivamente attività sportiva dilettantistica, come da finalità statutaria;
- rispettare i principi di trasparenza e democraticità nella gestione, come convocare regolarmente le assemblee, garantire il diritto di voto agli associati, tenere le scritture contabili aggiornate, ecc.
La Cassazione ha sottolineato che non è sufficiente possedere sulla carta i requisiti, ma è necessario che la realtà operativa dell’associazione corrisponda a quanto dichiarato.
I rischi in caso di irregolarità
Nel caso analizzato, un’associazione formalmente qualificata come ASD aveva usufruito delle agevolazioni fiscali previste dalla normativa di settore, ma, a seguito di controlli fiscali, era emersa una realtà diversa da quella dichiarata:
- gestione accentrata e non partecipativa;
- assenza di assemblee effettive;
- attività economiche preponderanti rispetto a quelle sportive;
- documentazione contabile carente o irregolare.
In questi casi, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a disconoscere le agevolazioni tributarie, e l’ente può essere soggetto a recupero d’imposta, sanzioni e interessi.
La Corte ha ribadito che il carico probatorio spetta alla ASD: è infatti compito dell’ente dimostrare la sussistenza delle condizioni che legittimano il trattamento fiscale di favore. Affiliazioni e iscrizioni non sono garanzia sufficiente se non accompagnate da una gestione trasparente e coerente.
Cosa devono fare le ASD per essere in regola
Per evitare rischi fiscali e legali, ogni associazione sportiva dilettantistica dovrebbe:
- Verificare la coerenza tra lo statuto e l’attività svolta, aggiornando il documento ove necessario;
- Assicurarsi che la gestione rispetti i principi di democraticità, convocando regolarmente assemblee, verbalizzando le decisioni e garantendo la partecipazione dei soci;
- Tenere una contabilità trasparente, separando eventuali attività commerciali da quelle istituzionali;
- Monitorare l’equilibrio tra attività sportiva e attività economica, evitando che la seconda prevalga o diventi l’attività principale.
Conclusioni
La giurisprudenza più recente richiama con forza le ASD a un rispetto sostanziale — e non solo formale — della normativa che regola il settore sportivo dilettantistico. Le agevolazioni fiscali sono uno strumento prezioso, ma devono essere “meritate” attraverso una gestione corretta, coerente e trasparente.
In un contesto in cui i controlli si fanno sempre più frequenti, è essenziale che le ASD si tutelino con una corretta impostazione legale, fiscale e organizzativa.
